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Vertigo

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CAPITOLO 1 – Criteri di scomposizione tematica

Ai fini di una più approfondita e completa comprensione il film può essere scomposto in due grandi parti, simili tra loro anche se non omogenee: la prima va dall’inizio della narrazione fino a quando Madleine muore (o meglio, fino a quando John Ferguson – Scottie per i conoscenti e John per gli amici – la crede morta), la seconda dalla disperazione per la sua perdita fino alla fine della pellicola. Queste due parti possono essere a loro volta suddivise in tre parti, tra loto complementari: un’introduzione, un mutamento ed uno svolgimento (al fondo di questo capitolo ho inserito una tabella per meglio chiarire la divisione operata).
All’interno di ognuna delle due parti c’è una precisa ricorrenza di ambienti dello stesso tipo, in momenti specifici della narrazione, e ogni ambiente ricorre per tre o più volte con valenze introduttive, nel loro primo apparire, di mutamento, nella seconda apparizione, e di svolgimento nella terza (questo sarà analizzato nel capitolo successivo).
Questi due grandi nuclei tematici presentano molte caratteristiche simili, partendo da un precario equilibrio iniziale che viene turbato.
Prima che Galvin Elster contattasse John Ferguson per mettere in atto il suo losco piano, questi svolgeva una vita tranquilla, forse non felicissima e un po’ monotona, ma sicuramente, a parte l’acrofobia, non disprezzabile. Era rimasto in ottimi rapporti con Midge, una sua vecchia compagna dei tempi dell’università con la quale aveva anche avuto una relazione, era stimato ed apprezzato dai suoi ex colleghi di lavoro (il capitano Hansen, suo ex superiore, ne conferma la “correttezza e la capacità, descrivendolo in termini entusiastici“) ed era, come dice lui stesso, “finanziariamente indipendente“.
L’arrivo di Elster è la causa scatenante, la causa della morte fisica della moglie, della morte interiore di Ferguson e, anche se in maniera molto più indiretta, della morte di Judy. Dal suo arrivo, e dal suo abile piano per uccidere la moglie (ovviamente soprattutto grazie alla preziosa collaborazione di Judy), si creano le premesse per lo svolgimento della prima parte. Tutto questo fino a quando Elster non riesce a realizzare il suo complotto, poi sparisce, lasciando Ferguson solo con il suo dolore: da questo punto comincia una seconda parte, simile alla prima per struttura, ma assai più tesa e disperata.

La vita di Ferguson diventa piatta, vuota, piena di malinconia e di sensi di colpa; passa un periodo di tempo in ospedale psichiatrico e, una volta uscitone, cerca Madleine nelle donne che incontra per strada. Questo stato ricorda il precario equilibrio, anche se molto più insopportabile, che si era venuto a formare dopo essersi dimesso dalla polizia.
Nell’introduzione della prima parte Ferguson doveva convivere con uno stato di disagio, era costretto a considerare la sua esistenza in relazione all’acrofobia, analogamente, nell’introduzione della seconda parte, è costretto a convivere con il terribile dolore causato dalla morte di Madleine. La vita scorre lenta e crudele per un anno, fino a quando, davanti allo stesso negozio di fiori, Ferguson incontra una seconda causa turbamento dell’equilibrio, un secondo mutamento al fluire lineare e monotono della sua disperazione: Judy.
Certo, l’equilibrio che Ferguson aveva raggiunto in questa fase non era piacevole e sereno, era anzi ricco di incubi, era un equilibrio destinato ad approdare nella più bieca rassegnazione, ma pur sempre di una situazione di equilibrio si trattava.
Judy quindi, analogamente a quanto aveva fatto Elster, innesca altre dinamiche che avranno, anch’esse, come estrema conclusione la morte.
Interessante osservare che la causa del primo mutamento, Elster, riesce a compiere il suo piano per impossessarsi delle ricchezze della moglie, dopodiché fugge, con la scusa di non poter più vivere in un luogo che gli ricordi la moglie; invece la causa del secondo mutamento, Judy, oltre a non riuscire a perseguire il suo scopo (fare innamorare Ferguson di lei, e non di Madleine) muore, uccisa da un’ombra, dai suoi stessi sensi di colpa.

Entrambi gli svolgimenti sono portati avanti dalla medesima persona, Judy/Madleine. Nella prima parte operava, per quanto fosse consenziente, guidata da Elster, nella seconda era guidata dai suoi sentimenti, che alla fine la portano alla morte. E’ altrettanto vero che potrebbe essere stata la vittima principale dei suoi sentimenti: collabora con Elster perché l’amava (ma in realtà poteva anche essere solo per ragioni meramente economiche), e si lascia trasformare da Ferguson per la stessa ragione, oltre che per riuscire ad essere amata.
La conclusione dei due svolgimenti è sempre la morte, quella della vera Madleine nel primo caso, e quella di Judy nel secondo. Questo testimonia le scarse capacità organizzative di Judy che, anche se nella seconda parte risulta essere guidata da sinceri e buoni sentimenti nei confronti di Ferguson, non riesce ad ottenere ciò che vuole. Quando l’azione di Judy è invece pilotata dalla mente assai più fredda, crudelmente razionale e distaccata di Elster, i propositi si realizzano pienamente: non dimentichiamoci che Ferguson riesce a scoprire l’imbroglio solo ed unicamente in seguito ad un errore di Judy, ad un suo eccesso di romanticismo ( Ferguson: “Ed è lì che hai fatto un grosso sbaglio Judy. Non si tengono mai i ricordi di un delitto. Non avresti dovuto… non avresti dovuto essere così romantica“).

PRIMA PARTE:
EPISODI SEQUENZE
INTRODUZIONE al personaggio di John Ferguson 1, 2
MUTAMENTO (ad opera di Elster) 3, 4
SVOLGIMENTO (indagini e morte della vera Madleine) Da 5 a 24
SECONDA PARTE:
EPISODI SEQUENZE
INTRODUZIONE e spiegazione della disperazione di Ferguson Da 25 a 30
MUTAMENTO (ad opera di Judy) 31, 32
SVOLGIMENTO (ricerca disperata e morte di Judy) Da 33 a 46
PRIMA PARTE:
SEQUENZA N°1 è Inseguimento sui tetti introdotta e chiusa da una dissolvenza in nero.
SEQUENZA N°2 è A casa di Midge (1° volta).
SEQUENZA N°3 è Nell”ufficio di Galvin Elster.
SEQUENZA N°4 è Al ristorante, da Ernie (1° volta).
SEQUENZA N°5 è Primo inseguimento della prima giornata: negozio di fiori (1° volta).
SEQUENZA N°6 è Secondo inseguimento della prima giornata: cimitero; (1° volta).
SEQUENZA N°7 è Terzo inseguimento della prima giornata: galleria d”arte (1° volta).
SEQUENZA N°8 è Quarto inseguimento della prima giornata: hotel.
SEQUENZA N°9 è A casa di Midge (2° volta).
SEQUENZA N°10 è All’ “Argosy Book Shop”.
SEQUENZA N°11 Ferguson riaccompagna Midge a casa. Sono in macchina e sullo sfondo si vede il “Golden Gate”.
SEQUENZA N°12 è Ad un circolo non meglio identificato dove Ferguson riferisce ad Elster altri dettagli di quella prima giornata di indagini.
SEQUENZA N°13 Primo inseguimento della seconda giornata: galleria d’arte (2° volta).
SEQUENZA N°14 Secondo inseguimento della seconda giornata: Ferguson salva Madleine/Judy tuffandosi in acqua.
SEQUENZA N°15 A casa di Ferguson (1° volta).
SEQUENZA N°16 Primo (ed unico) inseguimento della terza giornata.
SEQUENZA N°17 Vanno verso il bosco, guida Madleine/Judy.
SEQUENZA N°18 Ferguson e Madleine passeggio nel bosco.
SEQUENZA N°19 In riva al mare. Primo bacio.
SEQUENZA N°20 A casa di Midge (3° volta).
SEQUENZA N°21 A casa di Ferguson (2° volta).
SEQUENZA N°22 Viaggio verso la missione (1° volta).
SEQUENZA N°23 All’esterno della missione (1° volta). Secondo bacio.
SEQUENZA N°24 Nel campanile (1° volta).

SECONDA PARTE:
SEQUENZA N°25 è Il processo.
SEQUENZA N°26 è Incubo a casa di Ferguson (3° volta a casa sua, ma qui è solo).
SEQUENZA N°27 è Terapia.
SEQUENZA N°28 è Prima ricerca: davanti a casa di Madleine.
SEQUENZA N°29 è Seconda ricerca: al ristorante, da Ernie (2° volta).
SEQUENZA N°30 è Terza ricerca: alla galleria d’arte (2° volta).
SEQUENZA N°31 è Quarta ricerca: dal negozio di fiori – inquadrato dall’esterno – (2° volta) all’ “Empire Hotel”.
SEQUENZA N°32 è Ricordo, spiegazione di Judy (scrive una lettera).
SEQUENZA N°33 è Al ristorante, da Ernie (3° volta). Ferguson e Judy a cena.
SEQUENZA N°34 è Riaccompagna Judy all’ Hotel.
SEQUENZA N°35 è Passeggiata con Judy.
SEQUENZA N°36 è A ballare con Judy.
SEQUENZA N°37 è Fioraio per strada (3° volta).
SEQUENZA N°38 è Da Ransohoffs. Ferguson cerca per Judy un vestito uguale a quello di Madleine.
SEQUENZA N°39 è A casa di Ferguson (4° volta, 3° con Madleine/Judy). Parlano. Judy accetta di farsi trasformare.
SEQUENZA N°40 è Alla clinica di bellezza. Judy si fa trasformare in Madleine per la seconda volta.
SEQUENZA N°41 è A casa di Judy. Ferguson aspetta nervoso il suo ritorno dalla clinica di bellezza.
SEQUENZA N°42 è Sempre a casa di Judy: Ferguson scopre la verità.
SEQUENZA N°43 è Viaggio verso la missione (2° volta).
SEQUENZA N°44 è All’esterno della missione (2° volta).
SEQUENZA N°45 è Nel campanile (2° volta).
SEQUENZA N°46 è In cima al campanile. Conclusione.

CAPITOLO 2 – Lo spazio ricorrente

In “Vertigo” ci sono alcuni “spazi ricorrenti”, che si ripresentano in punti diversi della narrazione, e con differenti valenze: la casa di Midge, la casa di Ferguson, il ristorante da Ernie, il negozio di fiori, la galleria d’arte, il cimitero e la missione. La loro collocazione nello svolgimento lineare della pellicola non è assolutamente lasciato al caso, essi vengono presentati nella prima parte e ritornano, carichi di tristezza e di malinconia, nella seconda.
Sempre confrontando le due parti individuate nel capitolo precedente è possibile osservare che al ritorno di luoghi uguali non sempre corrisponde il ripresentarsi di situazioni simili. Il luogo per eccellenza, da questo punto di vista, è senza dubbio il campanile della missione di San Giovanni Battista che la prima volta compare come luogo del delitto e la seconda volta si fa palcoscenico per la ricostruzione della dinamica esatta di quanto avvenuto.

In tutti gli altri casi gli ambienti si ripresentano come sfondo di una evoluzione, ritornando talvolta con valenze simboliche.

LUOGHI – RICORRENZE
La casa di Midge 3 volte.
La casa di Ferguson 3 volte + 1 volta nell’incubo.
Il ristorante da Ernie 3 volte.
Il negozio di fiori 3 volte.
Il cimitero 2 volte + 1 volta (nell’incubo).
La galleria d’arte 3 volte.
La casa di Judy 5 volte (1+1+3 volte).
Viaggio verso la missione 2 volte.
All’esterno della missione 2 volte.
Nel campanile (salita scale) 2 volte.
In cima al campanile (finale) 1 volta.

Come si vede da questa breve lista la ricorrenza sistematica delle apparizioni fa pensare a un piano ben preciso, dai ben definiti risvolti simbolici derivanti dall’insistente ripresentarsi del numero tre.
Il riproporsi del trittico “introduzione – mutamento – svolgimento” sembra essere efficace anche per gran parte dei luoghi presi in esame; essi introducono sempre qualcosa (un intreccio, un determinato rapporto o sentimento), lo fanno mutare all’interno del loro triplice riproporsi nella durata di tutto il film per poi svolgerlo più o meno sommariamente.

2.1 – La casa di Midge

La casa di Midge, come già accennato, appare tre volte ma con una particolarità: è l’unico ambiente che si ripropone tutte e tre le volte nella prima parte del film.
Nella seconda parte apparirà, per la quinta ed ultima volta, soltanto la sua inquilina, Midge, che si reca a trovare Ferguson in ospedale. Tutto questo non è affatto casuale.
La prima volta che vediamo la casa di Midge è nella seconda sequenza del primo episodio, inquadrata in campo lungo. La ricchezza di dettagli e di arredi scenici ci permette di intuire già da subito l’occupazione di Midge, che comunque sarà resa ancor più esplicita poco dopo, facendoci vedere quello che lei stessa sta disegnando e addirittura intraprendendo una conversazione sul rivoluzionario reggiseno che “funziona sul principio dei ponti sospesi“.

L’inserimento di un elemento apparentemente del tutto inutile per lo svolgimento della narrazione è più che motivato: illustra chiaramente il livello di confidenza che i due hanno raggiunto parlando liberamente (Ferguson, riferendosi al reggiseno: “Non ne ho mai tolto uno così“), ma soprattutto è pretesto per far dire a Midge: “funziona sul principio dei ponti sospesi”.
Vengono citati quindi dei ponti sospesi, come quelli che ci sono tra Midge e Ferguson, ponti sospesi e traballanti sui quali poggia un particolare rapporto di amicizia con un sentimento di amore di Midge (“Lo sai che esiste un solo uomo per me…“) non più ricambiato come ai tempi dell’università ma ancora provocante (“Io sono sempre disponibile, sono lo scapolo eterno“).
Questa prima apparizione della casa di Midge funziona quindi da introduzione ai rapporti che intercorrono tra i due. Alla fine di questa sequenza si ha come la sensazione che entrambi si desiderino, ma c’è qualcosa che impedisce loro di concretizzare pienamente questa loro attrazione, trasformandola in amore. Inoltre gli sguardi di Midge, in particolare l’occhiata fattasi improvvisamente cupa che rivolge a Scottie quando le dice “…però fosti tu a mandare all’aria tutto, te lo ricordi?“, lasciano intuire un passato non completamente chiaro, nel quale sono probabilmente accadute cose che hanno complicato i rapporti tra loro, cose che non vengono svelate allo spettatore ma che continuano a portare con sè il loro carico di amarezza.

Il parlare di ponti sospesi è anche un’anticipazione di quanto avverrà di lì a poco sotto il “Golden Gate”, un ponte sospeso appunto, quando Ferguson si getterà in acqua per salvare Madleine.
In questa stessa sequenza viene introdotto, solo a parole, il personaggio di Galvin Elster, a proposito del quale si cominciano a fare supposizioni prima ancora che entri in scena.

Ferguson: “Ah Midge, ti ricordi di un collega di università che si chiamava Galvin Elster?
Midge: “Galvin Elster?
Ferguson: “Si, strano nome.
Midge: “Non me lo ricordo, no.
Ferguson: “Mi ha telefonato questa mattina, strano. Scomparve durante la guerra e qualcuno diceva che si era rifugiato in oriente, forse ci ha ripensato. Mi ha dato il numero di un telefono pubblico.
Midge: “Starà in una pensione economica.
Ferguson: “Eh, è probabile.
Midge: “Sarà in mezzo ai guai e ti vorrà vedere per farsi offrire una cena.
Ferguson: “Sono io in mezzo ai guai, gliene offrirò due se mi starà a sentire…

Questo scorcio di dialogo potrebbe avere una duplice funzione: oltre ad introdurre, come già accennato, il personaggio di Elster, potrebbe anche lasciare intuire come e perché Midge riuscì a “rovinare tutto” quello che c’era stato tra di loro ai tempi dell’università.
Midge dice di non ricordarselo, eppure ne parla come se lo avesse conosciuto: è lei a dire: “sarà in mezzo ai guai e ti vorrà vedere per farsi offrire una cena“, come se lei sapesse che quel particolare loro ex collega fosse avvezzo a scroccare cene ed a cacciarsi nei guai; oltretutto Ferguson alimenta questo sospetto dicendo che è lui in mezzo ai guai, e che gliene offrirà anche due se lo starà a sentire (in questo modo conferma quello che aveva appena insinuato Midge, e cioè la presunta avarizia di Elster).
Forse Midge aveva rovinato tutto tradendo Ferguson con Elster, senza mai dirgli di chi altri si era innamorata, oppure mentendo al riguardo. E’ evidente che se un’ipotesi di questo genere fosse veritiera Ferguson sarebbe ancora all’oscuro del fatto che Midge l’aveva tradito con Elster… ma queste sono soltanto supposizioni.
Questa sequenza introduce anche, tornandoci per più di una volta, il “problema” di Ferguson con l’altezza, la sua acrofobia. Il ruolo di Midge, apparentemente secondario, è invece utile per introdurre il mutamento che avverrà nella sequenza successiva.
La seconda volta che l’azione si sposta nella casa di Midge è nella sequenza numero nove, quando è già avvenuto il secondo mutamento.
Ancora una volta il personaggio di Midge è essenziale per Ferguson: è lei che lo accompagna dal suo amico Pop Leibel, proprietario dell’ “Argosy Book Shop”. Grazie a lei si verifica un mutamento nelle indagini e Ferguson riesce a scoprire la vera storia di Carlotta Valdes. Evidentemente Elster doveva aver conosciuto Pop Leibel per scoprire la storia di Carlotta e inscenare così la finta doppia personalità di Judy/Madleine (e non sarebbe una ipotesi tanto assurda se si accetta la possibilità che Midge e Elster avessero avuto una relazione in passato), oppure l’aveva letta su qualche libro, d’altronde, come dice più volte lo stesso Pop Leibel “ce ne sono molte di storie come questa”.
La terza ed ultima volta che vediamo la casa di Midge è nella sequenza numero venti, quando si ha la continuazione, lo svolgimento di un processo che si era già avviato nel momento in cui Ferguson comincia ad essere coinvolto emotivamente da Madleine, ovvero il progressivo allontanamento tra Midge e Ferguson. Lei si era infatti documentata ed era tornata ad una sua vecchia passione: la pittura. Intuendo il sentimento che stava nascendo in quei giorni tra Madleine e Ferguson dipinge una copia del ritratto di Carlotta Valdes con le sue sembianze, ma lui non gradisce l’iniziativa e se ne va contrariato. Questo potrebbe essere letto come il disperato tentativo di riavvicinamento a Ferguson, ma lui e Madleine, o forse sarebbe meglio dire Judy, erano ormai già coinvolti sentimentalmente: si erano baciati nella sequenza precedente, in riva al mare e con alle spalle la forza dirompente delle onde, che non lasciava presagire niente di buono.

In un’abile inquadratura di questa sequenza si vedono, contemporaneamente, il ritratto di Carlotta/Midge sulla destra e lei stessa seduta nella stessa posizione del ritratto. Ma Midge non ha i segni della pazzia, non ha il mazzo di fiori, e nemmeno il ciondolo. Questa sarà l’ultima volta che vedremo Midge a casa sua, in un luogo che sembrava favorire lo scambio tra lei e Ferguson; nella sua ultima sua apparizione, quando va a trovare Ferguson all’ospedale, sono ormai distanti: lui assalito dal rimorso e dal senso di colpa, lei rassegnata sotto il peso della consapevolezza che lui era ancora innamorato di Madleine.
A questo punto della narrazione si è del tutto sgretolato l’equilibrio tra Midge e Ferguson, inseriti nello sfondo della casa di lei, infatti d’ora in poi il suo personaggio non apparirà più. Probabilmente, dopo la morte di Judy, Ferguson tornerà da lei, e potrà esserci una nuova, rinnovata comprensione, non più minacciata dall’ambiguità di un doppio personaggio come quello di Judy/Madleine: in fondo Ferguson si era innamorato di un’idea, di un personaggio costruito affatto reale.

2.2 – Il ristorante.

La prima volta che vediamo il ristorante è nella quarta sequenza, nella prima parte.
Come spesso accade nel film questo ambiente viene introdotto con due dissolvenze incrociate, una che ci porta dall’ufficio di Galvin Elster all’esterno del ristorante e un’altra, subito dopo, che ci porta al suo interno.
Ferguson era andato lì per “vedere” la moglie di Elster, era ormai quasi del tutto convinto ad accettare l’incarico affidatogli da quest’ultimo.

Questa sequenza introduce due colori ricorrenti, con precise valenze simboliche: il rosso e il verde (interessante notare che Madleine indossa un ciondolo verde, in contrasto con il ciondolo rosso di Carlotta). Il ristorante ha tappezzerie di colore rosso, mentre l’abito da sera di Madleine è verde e nero.
Nella prima parte del film questi due colori appariranno più volte con intensità e confini ben delineati (un abito da sera, la tonalità dominante di un preciso ambiente o ancora il maglione di Ferguson nella quindicesima sequenza), ma nella seconda essi perdono di omogeneità, risultando sfocati e imprecisi (vedi le sequenze a casa di Judy), come il disperato tentativo di ricordare un passato ormai sfumato. Quest’ambiente ha un carattere “introduttivo” al particolare rapporto che verrà instaurandosi tra Ferguson e Madleine. I personaggi non parlano, tutto viene raccontato attraverso affascinanti giochi di sguardi unidirezionali: quelli di Ferguson che guarda verso Madleine facendo attenzione a non essere visto.
Appena l’azione si sposta all’interno del ristorante una lenta panoramica mette immediatamente in relazione i due personaggi del film, partendo dallo sguardo di Ferguson si avvicina lentamente a Madleine, che é seduta e volge le spalle alla cinepresa… ed a Ferguson.
Due inquadrature dopo ci sarà una soggettiva, dal punto di vista dell’ex poliziotto, che farà vedere per la prima volta Madleine: Ferguson ed il pubblico scoprono la sua bellezza contemporaneamente, gli spettatori sono invitati a guardarla attraverso gli occhi del protagonista.
La prima volta che Ferguson vede Madleine, la sua luminosa eleganza d’altri tempi, la vede di profilo, con la coda dell’occhio. E’ qui che vediamo per la prima volta un’inquadratura ricorrente: il profilo destro di Madleine vestita con un abito verde e sullo sfondo di un ambiente rosso.

Poco sopra ho detto “luminosa eleganza” non a caso, in questa stessa inquadratura, infatti, non appena il volto di Madleine si ferma al centro dell’immagine vediamo, sullo sfondo, un leggero intensificarsi delle luci; la parete rossa diventa più luminosa, per poi tornare alla sua luminosità originale non appena Madleine si volta verso Elster. Ed è qui che Ferguson comincia ad essere coinvolto da Madleine, dalla sua radiosa bellezza. Gli elementi che verranno successivamente introdotti non faranno che rendere ancora più irreversibilmente distruttivo un processo di lenta e reciproca attrazione che prende le mosse da questa poetica sequenza priva di dialoghi, inutili per esprimere gli incomprensibili moti dello spirito.
Se è vero che “gli occhi sono lo specchio dell’anima”, quale modo migliore per descrivere quello che prova il protagonista in questo particolare momento della narrazione se non attraverso gli stessi suoi occhi?
La seconda volta che vediamo il ristorante è nella seconda parte del film, dopo che Ferguson è uscito dall’ospedale quando rivisita, con masochistica disperazione, i luoghi che gli ricordano Madleine, e quale luogo migliore, per cominciare, se non il ristorante dove l’aveva vista per la prima volta?
Questo ambiente viene introdotto con una dissolvenza incrociata, l’inquadratura è la stessa della sequenza numero quattro ma mentre prima c’era una carrellata in avanti che ci avvicinava alla porta d’ingresso ora l’immagine è fissa, con la porta sulla destra e Ferguson sulla sinistra. Adesso non è la cinepresa ad avvicinarsi alla porta ma Ferguson che, nella sua esasperante ricerca, s’incammina verso l’ingresso.
Prima la narrazione ci portava all’interno del ristorante con una dissolvenza, ora c’è uno stacco netto tra esterno ed interno, vediamo Ferguson aprire la porta ed entrare pensieroso. Ci viene riproposta la stessa soggettiva, ma la donna che vede avvicinarglisi non è altro che un’altra signora bionda, nemmeno troppo somigliante a Madleine.
La prima inquadratura di questa sequenza (la ventinovesima) è simile a quella che avevamo visto l’ultima volta che gli eventi portarono Ferguson in questo ristorante, come se si volesse mantenere un rapporto di continuità; non è più una soggettiva, ma ritrae pressappoco la stessa area.

La presenza di questo luogo in questo particolare momento della narrazione vuole forse sottolineare il mutamento che è in atto nel protagonista, la sua estrema ricerca sullo sfondo di un’improbabile ritrovamento degli eventi passati.
La terza ed ultima volta che ci viene riproposto l’ambiente del ristorante è nella trentatreesima sequenza.
Ormai Ferguson ha già incontrato Judy e continua, anche se in modo diverso, la sua ricerca che è in pieno svolgimento, rapportando il passato con il presente.
Come nella sequenza analizzata poco sopra Ferguson crede di vedere, mentre cena con Judy, Madleine, ma in realtà si tratta di un’altra donna: la sua ricerca non è ancora finita, anche se ha incontrato Judy, è una ricerca che non può avere fine perché la donna che cerca in realtà non esiste, è un misto di realtà e finzione diabolicamente concepito per imbrogliarlo.
Anche questa sequenza, come le altre due, è giocata sugli sguardi, i personaggi non dicono nulla (ad eccezione della sequenza numero ventinove dove Ferguson saluta un cameriere e ordina del wisky, ma questo è un fatto di poco conto).
Tutte e tre le volte che siamo nel ristorante lo sguardo di Ferguson cerca qualcosa, ma in quest’ultima è anche Judy a cercare qualcosa nello sguardo lontano e distratto di Ferguson: qualche segno di amore, verso di lei in quanto Judy e non Madleine, ma si rende conto quasi subito che lui cerca solo di ritrovare Madleine.
Questi sono momenti di grande cinema, in cui la recitazione si esplicita solo attraverso il corpo, senza appoggiarsi sull’uso delle parole.

2.3 – La casa di Ferguson.

La prima volta che vediamo la casa di Ferguson è nell’inquadratura numero quindici della prima parte.
Come per il ristorante entriamo a casa del protagonista grazie a due dissolvenze incrociate: la prima ci porta dall’interno della macchina di Ferguson, subito dopo il salvataggio di Madleine, all’esterno di casa sua, la seconda direttamente all’interno. C’è qui un ritorno di elementi simbolici legati ai colori cui avevo accennato precedentemente: la porta di casa è rossa (anche quella del ristorante aveva elementi di rosso) come la vestaglia che da a Madleine, lui indossa un maglione verde, come verde è la macchina di Madleine. Ma queste relazioni simboliche verranno meglio approfondite nel capitolo relativo alle valenze figurative e simbologiche, per ora basti osservare che questa sequenza introduce, sullo sfondo della casa del protagonista, il coinvolgimento emotivo dello stesso.
Se nella prima sequenza ambientata nel ristorante veniva introdotto un coinvolgimento emotivo di Ferguson basato prevalentemente sulla stupenda fisicità di Madleine ora questo coinvolgimento diventa sempre più forte, sorretto e costantemente incrementato dalla curiosità del protagonista, attratto anche dal mistero che sembra circondare il comportamento di lei.
Madleine viene svegliata dal telefono: probabilmente era Midge, che con quella telefonata ci ricorda la sua presenza in un momento in cui Ferguson si sta allontanando da lei (poco dopo la vedremo passare in macchina); ed è sempre una telefonata ad interrompere ciò che stava accadendo tra i due. Si ritrovano a scambiarsi sguardi rivelatori mentre le loro mani si sono incontrate dirigendosi verso la tazza di caffè, proprio in questo momento Elster telefona e con un perfetto tempismo li interrompe, ribadendo il suo ruolo di burattinaio.
Questa seconda telefonata serve anche da pretesto a Madleine per andarsene. Ferguson fa molte domande a Madleine, anche piuttosto imprudenti (Ferguson: “Dove era andata […] oggi pomeriggio, presto?” Madleine: “Ho passeggiato” e Ferguson risponde: “Lo so.”; una risposta di questo genere equivale e dichiarare di averla seguita, ma non ha molta importanza), ciò testimonia il profondo coinvolgimento emotivo che si sta impossessando di lui, ancora una volta ribadito dagli sguardi. E sono proprio gli sguardi che i due si scambiano prima della seconda telefonata a farci intuire che, forse, un primo coinvolgimento emotivo di Madleine/Judy può essere individuato in questa stessa sequenza.

A titolo puramente informativo è possibile osservare un errore: i cuscini sul divano, nell’inquadratura in cui Ferguson vi è seduto in mezzo, sono verdi, ma quando li butta per terra per far sedere Madleine sono diventati color ocra chiaro, pur essendo rimasti, apparentemente, gli stessi cuscini. Non so capire a che cosa sia imputabile un errore simile, forse allo sviluppo della pellicola, o al restauro di James C. Katz e di Robert A. Harris, di certo non si tratta di altri cuscini.
La seconda volta che vediamo la casa di Ferguson è nella sequenza numero ventuno, quella successiva al “litigio” con Midge (sarà l’ultima volta che la vedremo sullo sfondo di casa sua).
Madleine lo va a trovare, per raccontargli il suo sogno. Non appena Ferguson apre la porta e la vede l’illuminazione si fa più intensa, analogamente a quanto accaduto nel ristorante. In questa sequenza avviene un vero e proprio mutamento, infatti Madleine lo va a trovare per permettere il procedere della macchinazione ordita alle sue spalle raccontandogli della missione di San Giovanni Battista. Lei sapeva che Ferguson si era informato del fatto che Carlotta Valdes “crebbe in un piccolo paese a sud di San Francisco… sembra che fosse una missione in passato” , sapeva che lui l’avrebbe portata nello stesso posto per cercare di guarirla da questa sua presunta doppia personalità (tema che Hitchcock riprenderà appena due anni più tardi con “Psyco”).
Questa sequenza viene introdotta da una dissolvenza dal nero: vediamo Ferguson che attraversa la strada pensieroso, poi una dissolvenza incrociata ci porta all’interno della sua piccola abitazione. Si tratta di una casa non molto grande, la tipica abitazione di uno scapolo: arredata piuttosto semplicemente e con il televisore in un angolo, davanti al divano; le tende vicino alla porta d’ingresso sono verdi, mentre quelle dietro al divano sono rosse. Quando parlano della vecchia missione di San Giovanni Battista i loro volti sono illuminati dalla luce della lampada, che resta in campo, contribuendo ad illuminare i due stupendi primi piani di James Stewart e di Kim Novak.

Ci sono tre inquadrature del primo piano di Madleine sulla destra con la lampada da tavolo sulla sinistra e tre inquadrature del primo piano di Ferguson sulla destra con la medesima lampada sulla sinistra: l’ennesima ricorrenza simbolica del numero tre.
La terza volta che ci viene ripresentato quest’ultimo ambiente è nella sequenza numero ventisei, nella seconda parte.
Anche in questa sequenza, come nell’ultima finora analizzata, si apre con una dissolvenza dal nero che fa vedere la città di San Francisco di notte, poi siamo introdotti in casa con una dissolvenza incrociata: vediamo Ferguson, inquadrato dall’alto (la prospettiva tipica della sua paura che introduce al suo incubo), che sta dormendo. Ha un sonno inquieto, tormentato, e di lì a poco sapremo quello che sogna.
Vediamo la stessa camera da letto che avevamo visto nella sequenza numero quindici, Ferguson dorme nella stessa porzione di letto in cui aveva dormito Madleine. Veniamo trasportati all’interno del suo incubo da delle luci blu (lo stesso colore del vestito che indossava Madleine quando è stata salvata da Ferguson) che si trasformano lentamente in fuxia (lo stesso colore dell’abito da sera che Judy indosserà poco dopo).

ppena vediamo il mazzo di fiori la luce diventa verde; quando ricorda il processo c’è la “concretizzazione” fisica del quadro di Carlotta Valdes che sta in piedi tra lui e Galvin Elster: la luce ora è arancione; poi il quadro di Carlotta: luce verde; quando precipita si alternano lampi rossi e verdi.
La simbologia e la ricorrenza di questi due colori non poteva mancare nell’incubo di Ferguson.
La casa di Ferguson in realtà si vede ancora una quarta volta nella seconda parte (sequenza trentanove), anche se sarebbe solo la terza con Madeine/Judy. Ferguson continua a pensare come potrebbe fare per rendere Judy identica a Madleine, e Judy cerca di essere amata in quanto Judy, ma si rende conto che questo è impossibile (Judy: “Non le va neanche di toccarmi?” Ferguson: “Si… si è vero.“), allora accetta di farsi trasformare, per la seconda volta.
Interessante notare che Judy si è fatta trasformare per ben due volte, e per giunta nello stesso identico modo, da due uomini di cui si era innamorata: non dimentichiamo infatti che lei era l’amante di Galvin Elster e che adesso accetta di rinunciare alla sua identità solo per essere amata dal protagonista.

Probabilmente era innamorata anche di Elster, ed è stata poi abbandonata da lui che poteva contare sul suo silenzio in quanto anche lei era coinvolta direttamente nell’omicidio della moglie.
La sequenza si conclude con Ferguson che fa sedere Judy nello stesso luogo in cui si era seduta Madleine il giorno che si erano conosciuti di persona. Questa terza sequenza con la conpresenza dei personaggi di Ferguson e di Judy/Madleine esaspera grottescamente ciò che era avvenuto nella prima sequenza ambientata a casa del protagonista.
La lampada da tavolo, che avevamo già visto nella sequenza ventuno, resta sulla sinistra, e i volti dei due attori sulla destra, ricordando un’inquadratura simile, già vista in precedenza.

2.4 – Il negozio di fiori.

La prima volta che vediamo il negozio di fiori è nella sequenza numero cinque: Ferguson segue Madleine, che entra nel negozio dal retro.
E’ andata a comprare un bouquet di rose, come quelle del ritratto di Carlotta. Questa breve sequenza non ha particolari valenze simboliche, serve solo ad introdurre la possibilità di svolgere meglio l’imbroglio ordito da Elster ma ha come ulteriore vantaggio l’accentuazione della tensione drammatica nella ricerca del protagonista dopo la morte di Madleine.
La seconda volta coincide con la sequenza numero trentuno, ma adesso non vi si accede più dal retro: Ferguson guarda la vetrina, contemplando un mazzo di fiori, gli stessi del ritratto di Calrotta e che aveva comprato Madleine nella sequenza precedentemente presa in esame. Non è un caso che Ferguson incontri la causa del secondo cambiamento (Judy) davanti allo stesso tipo di luogo in cui lo avevano condotto le sue ricerche nella prima parte della pellicola.
I fiori sono un efficace ed importante mezzo d’identificazione per lo svolgersi dell’imbroglio, quest’ultimo infatti comincia proprio così, ma rappresentano anche l’ambito nel quale avviene l’importante incontro del protagonista, quello che lo porterà a scoprire la verità. Da notare che Judy/Madleine indossa un abito verde.

La terza volta che c’è un ritorno di questo ambiente è nella sequenza numero trentasette. Qui non c’è un ritorno dello stesso ambiente, ma un richiamo dal tema dei fiori. Ferguson non le compra gli stessi fiori, ormai Madleine/Carlotta è morta (o almeno questo è quello che lui crede), tuttavia non rinuncia a tentare di trasformarla, almeno per quanto riguarda l’aspetto estetico, infatti nella sequenza successiva la porta da “Ransohoff” per comprarle un vestito come quello di Madleine.
Quest’ultima sequenza, questo terzo richiamo al tema dei fiori non sembra avere un particolare significato, se non quello di rendere più fluido il meccanismo che porta i due ad andare a acquistare un vestito. Probabilmente non è un caso che “Ransohoff” si trovi proprio di fronte alla bancarella che vende fiori, forse Ferguson aveva già stabilito di trasformare Judy in Madleine nel perverso tentativo di riportare in vita il corpo di Madleine.

2.5 – La galleria d’arte.

Vediamo per la prima volta la galleria d’arte nella sequenza numero sette, il terzo inseguimento della prima giornata che conduce Ferguson al palazzo della legion d’onore: Madleine si reca alla pinacoteca per vedere il ritratto di Carlotta Valdes. Questa sequenza è introdotta dalle solite due dissolvenze incrociate, come nella migliore tradizione hollywoodiana: la prima, perfettamente simmetrica, rappresenta il colonnato del palazzo della legion d’onore, la seconda è all’interno della pinacoteca.
La simmetria appare rispettata anche dall’ingresso in scena di Ferguson: nella prima inquadratura, quella in esterno, entra in campo da sinistra e nella seconda da destra. Due panoramiche estremamente curate ci permettono di rilevare gli elementi comuni tra la presunta realtà storica e l’ossessione inventata di Madleine: il mazzo di fiori e la particolare pettinatura. Sempre in onore di una precisa simmetria di movimenti Ferguson, dopo aver parlato con l’addetto della galleria d’arte, esce di campo a destra. L’inquadratura successiva, quella che chiude questa sequenza, é introdotta da una dissolvenza incrociata, ed è altrettanto simmetrica dell’inquadratura che l’aveva introdotta. Sullo sfondo vediamo infatti lo stesso colonnato, anche se ripreso in campo più lungo, sulla sinistra in primo piano l’auto di Ferguson e sulla destra, in secondo piano, quella di Madleine.

La seconda volta che ci viene ripresentata la galleria d’arte è nella sequenza numero tredici, durante il secondo inseguimento del secondo giorno.
La sequenza parte da una dissolvenza in nero in apertura, una dissolvenza incrociata che mostra l’auto di Madleine dal punto di vista di Scottie e infine le solite due dissolvenze incrociate che introducono l’ambiente: la prima mostra lo stesso colonnato che si era visto nella settima sequenza (questa volta però è inquadrato con una differente angolazione, di profilo, e Ferguson entra in campo da destra, non più da sinistra) e con la seconda si entra all’interno del museo. Quando vediamo l’interno della galleria l’inquadratura è la stessa della sequenza numero sette, ma Ferguson è già in campo, poi esce da destra: la simmetria, in questa sequenza, è del tutto sconvolta da inquadrature dalla forte angolazione e da ingressi/uscite di campo sempre da destra. Anche l’inquadratura successiva ricorda molto quella che chiudeva la sequenza precedentemente analizzata (auto di Ferguson in primo piano, auto di Madleine in secondo piano e colonnato sullo sfondo), solo che anche qui il colonnato non è visibile nella sua interezza, in tutta la sua simmetricità. La durata complessiva di questa sequenza è notevolmente inferiore alla numero sette, la sua principale utilità sembra quella di far vedere quella sorta di malata distorsione cui gli eventi vanno incontro con il procedere della narrazione, infatti già nella sequenza successiva Madleine si lascerà cadere in acqua.
La terza volta che questo ambiente ci viene riproposto è nella sequenza numero trenta, nella seconda parte del film.
Per la terza volta rivediamo la stessa inquadratura: Ferguson di spalle che osserva una figura femminile seduta che a sua volta guarda il ritratto di Carlotta, seguita dal mezzobusto dello stesso personaggio (anche questa inquadratura è stata vista più volte nella sequenza sette e tredici). Ferguson si avvicina a questa figura femminile ma, come nel ristorante, non è Madleine.

2.6 – Il cimitero.

L’ambiente del cimitero viene presentato per la prima volta nella sequenza numero sei della prima parte del film, quando Madleine si reca presso la tomba di Carlotta Valdes.
Qui viene riproposto, per la seconda volta, il primo piano del profilo destro di Madleine (avevamo visto un’inquadratura simile nel ristorante, seq. 4): ha un vestito grigio, tiene in mano il mazzo di fiori comprato nella sequenza precedente e la sua figura è ritagliata dallo sfondo verde della vegetazione del cimitero. Ferguson aspetta che lei esca dal cimitero poi va a vedere a chi apparteneva la tomba cui Madleine aveva fatto visita: Carlotta Valdes, nata il 3 dicembre 1831 e morta il 5 marzo 1857, da buon detective prende nota delle due date e continua l’inseguimento.
Questa prima apparizione del cimitero sembra introdurre quanto accadrà in seguito, almeno dal punto di vista del protagonista: la morte di Madleine. Quest’ultima, in questa sequenza, fa visita ad una tomba per poi, nella seconda apparizione della stessa, entrarvici priva di vita (ovviamente questo è quello che crede Ferguson prima di scoprire la verità).
La seconda volta che vediamo il cimitero è nella sequenza venticinque, la prima della seconda parte. Ferguson è appena uscito indenne dal processo (tra l’altro l’ultima inquadratura che chiude la sequenza, quella che ritrae Ferguson ed Elster che escono dall’aula, ha una forte angolazione dall’alto verso il basso, come a simboleggiare il particolare momento di debolezza emotiva che si sta impossessando del protagonista), e va a far visita alla tomba di Madleine, alla tomba di quella che lui crede essere Madleine.
Ad una prima visione non è possibile afferrare il paradosso costituito da un evento di questo genere, infatti la spiegazione di quanto avvenuto in realtà si avrà soltanto nella trentaduesima sequenza, ma ad un secondo esame viene quasi da sorridere, di un riso amaro, riguardando Ferguson che va a far visita alla donna che lui stesso, senza saperlo, ha contribuito a far uccidere. La vera vittima, quella condannata a vivere il resto dei suoi giorni con la consapevolezza di essersi innamorato di un’attrice, di una persona dai modi e dalle movenze in realtà artefatte, è proprio Ferguson, che alla fine della narrazione non muore fisicamente, ma ha condanna ben peggiore: continuare a vivere con ricordi dolorosi di un”epoca creduta felice.

La macchina da presa segue Ferguson, inquadrato a mezza figura, che cammina verso la tomba, è inquadrato dal basso. Questo contrasto è significativo della confusione interiore che sconvolge il personaggio. Appena nell’inquadratura precedente avevamo visto Elster e il protagonista che s’incamminavano fuori dall’aula del processo ed erano inquadrati dall’alto, adesso una dissolvenza incrociata ci porta in un ambiente tetro inquadrando Ferguson dal basso. Per quanto riguarda il cromatismo dell’ambiente rappresentato è possibile notare che esso è dominato da numerose tonalità di grigio, persino il cielo, che all’inizio della carrellata era visibilmente blu, alla fine della stessa sembra essersi “ingrigito”. La luce non è splendente, ma opaca, uniformemente distribuita e senza ombre. Questa sequenza viene conclusa con una lenta dissolvenza in nero.
La terza ed ultima volta che ci appare un ambiente cimiteriale di questo tipo è nella sequenza successiva a quella appena analizzata, la ventiseiesima.
Questa sequenza illustra l’incubo di Ferguson. Tra le molte elaborate immagini che si susseguono ad un ritmo sempre più frenetico vediamo proprio la tomba di Carlotta, vuota. Una carrellata in avanti si avvicina sempre più al buio della buca, tra lampi rossi sempre più insistenti, fino ad entrarvi completamente. Si riesce anche a vedere un vento piuttosto forte, che scuote alberi e piante.

2.7 – La casa di Judy.

Questo ambiente presenta alcune caratteristiche particolari.
E’ l’unico a comparire per cinque volte, e tutte nella seconda parte del film. Tuttavia esso è ugualmente composto, come si è cercato di dimostrare per tutti gli altri ambienti, da una introduzione, da un mutamento e da uno svolgimento (in questo caso lo svolgimento si articola in tre differenti sequenze che chiamerò “svolgimento A”, “svolgimento B” e “svolgimento C”).
La prima volta che vediamo Judy è nella sequenza numero trentuno; essa serve da introduzione al suo personaggio, la caratterizza immediatamente come una ragazza “di campagna” e mostra il suo appartamento: una stanza presso l’ “Empire Hotel”. Veniamo immediatamente messi al corrente di molte cose di lei: il suo nome è Judy Barton, viene da Salina nel Kansas, lavora in un negozio, precisamente da “Magnin”, e vive in quella stanza, guarda caso, da “circa tre anni”: l’ennesima ricorrenza del numero tre. Sappiamo addirittura il suo numero di patente (Z296794) e il suo indirizzo di Salina (425, Maple Avenue). Questi potrebbero apparire come elementi inutili, ma servono a far decadere immediatamente nello spettatore qualsiasi corretta intuizione sulla realtà dei fatti, almeno fino alla sequenza successiva, quando sarà lei stessa a spiegarla.

Questa sequenza (da me indicata come “Quarta ricerca”) presenta particolari parallelismi con una sequenza analoga della prima parte, la numero otto: essa illustra, come quella in esame in questo momento, il quarto giorno d’indagini di Ferguson, ma quel che più importa è che anch’essa si conclude con una sequenza in un Hotel (il “McKittrick Hotel”).
Entrambe le sequenze sono ricche di mistero e di curiosità, lasciando aperti molti stimolanti interrogativi sull’intreccio.
Il vestito di Judy è verde, ma questo discorso verrà ulteriormente approfondito nel capitolo relativo alle valenze figurative e simboliche della rappresentazione.
La sequenza successiva si conclude con l’uscita di Ferguson e corrisponde al ricordo/spiegazione di Judy: è la trentaduesima. Lo schermo si fa rosso e rivediamo la sequenza conclusiva della prima parte, però questa volta riusciamo ad arrivare fino in cima, dove il protagonista non era riuscito ad arrivare. La prima reazione di Judy è il voler scappare, mentre fa le valige rivediamo il vestito grigio nell’armadio, ma poi ci ripensa e si mette a scrivere una lettera pur non sapendo ancora se restare o no, una sorta di spiegazione verbale di quanto appena visto, forse concepita allo scopo di far aumentare la tensione drammatica, sicuramente studiata per chiarire la moralità di Judy e i suoi sentimenti nei confronti di Ferguson.

Ecco la lettera non spedita: “Caro Scottie, e così mi hai trovato… questo è il momento che più ho temuto fin dall’inizio, chiedendomi come avrei reagito se ti avessi rivisto. Eppure ho tanto desiderato di rincontrarti. Ora io scompaio e tu rinuncia alle tue ricerche, voglio che tu abbia l’animo in pace, non hai nulla da rimproverarti, in fondo sei tu la vittima. Io fui lo strumento e tu la vittima del piano di Elster per uccidere la moglie. Mi scelse per fare la parte perché le somigliavo e mi fece vestire come lei. Giocava sul sicuro perché lei abitava in campagna e raramente veniva in città, scelse te per essere il testimone del suo suicidio. La storia di Carlotta era in parte vera e in parte inventata per indurti a testimoniare che Madleine voleva uccidersi. Sapeva della tua malattia, sapeva che non saresti mai arrivato in cima alla torre, era un piano perfetto, senza nessuna smagliatura. Ma io commisi l’errore d’innamorarmi di te, e questo non faceva parte del piano. Sono tuttora innamorata, vorrei tanto che anche tu mi amassi. Se ne avessi il coraggio resterei e mentirei nella speranza che tu possa amare me, per quella che sono, per me stessa, dimenticando l’altra e dimenticando il passato, ma… non so se avrò il coraggio di tentare.
Da questa lettera risulta chiaro l’amore di Judy nei confronti di Ferguson, ma fa leva solo su questo per giustificare il suo comportamento in passato. Come già accennato precedentemente viene da chiedersi se veramente, come vedremo nell’ultima sequenza, Judy stesse salendo in cima alla torre per fermare Elster o se fosse solo un pretesto per continuare ad essere amata. Certo é che dalla sua confessione non traspaiano buoni e lodevoli atteggiamenti: è certamente innamorata ma non sembra esserci, almeno fino a questo punto della narrazione, nessun pentimento per quanto è avvenuto. Per quanto ne sappiamo questa improvvisa voglia di confessarsi potrebbe essere dovuta al risentimento di essere stata abbandonata da Elster dopo tutto quello che aveva fatto per lui, sicuro che lei non avrebbe potuto parlare in quanto direttamente coinvolta nell’omicidio. Ora Judy dice di essere stata innamorata di Ferguson, e di continuare ad amarlo desiderando ardentemente di essere ricambiata; immagino che appena un anno prima fosse innamorata di Galvin Elster e sospetto che, se non fosse rimasta a bocca asciutta, ora sarebbe da qualche parte con Elster, avendo tranquillamente dimenticato questo grande amore che ora dice di provare. Credo anche che affermare questo non equivalga a togliere “drammaticità” alla pellicola dato che questa scaturisce soprattutto grazie al forte contrasto tra la salda moralità di Ferguson, che gli impedisce di continuare a provare qualsiasi sentimento anche solo di affetto nei confronti della donna, e la spudorata menzogna di Judy/Madleine.
Ma tornando all’analisi della ricorrenza dei luoghi possiamo osservare che lo “svolgimento A”, nel contesto della camera d’albergo di Judy, si ha con la sequenza numero trentaquattro. Come al solito siamo reintrodotti in questo ambiente con una doppia dissolvenza incrociata che dalla strada ci porta all’interno dell’hotel (da notare che l’insegna è verde).

Ferguson ha riaccompagnato a casa Judy, lei si siede all’ombra tra velati riflessi verdi provenienti dall’insegna e lui la vede in controluce, vede Madleine. Questa inquadratura l’avevamo già vista più volte, solo che adesso è il profilo sinistro, non più il destro, e le tinte dominanti sono altre.
Ad un certo punto Judy dice: “Ho capito benissimo, ho cominciato a capire a diciassette anni“: è un numero qualsiasi oppure ha qualche valenza simbolica? Ma ancor più importante: perché ha cominciato a capire proprio a diciassette anni? Cosa le accadde quando aveva diciassette anni? Per rispondere a questo quesito non ci sono sufficienti elementi, possiamo solo lasciar correre la fantasia, ognuno può trovare la risposta che più preferisce: è scappata di casa, oppure è stata violentata… non ci sono risposte univoche a questo interrogativo.
Lo “svolgimento B” si ha nella sequenza numero quarantuno, quando Ferguson aspetta il ritorno di Judy dalla clinica di bellezza.
Lei ha obbedito a tutti gli ordini di Ferguson tranne per quanto riguarda la pettinatura dei capelli, ha voluto mantenere un piccolo elemento che la differenziasse da Madleine, ma poco dopo cederà anche su quel punto. Uscirà dal bagno immersa in una forte luce verde, realisticamente giustificata dalla presenza dell’insegna luminosa e in questo momento sembra di scorgere, nello sguardo di Ferguson, un’amara consapevolezza di cosa sia riuscito a fare a causa del tormento del ricordo. Comunque sembra accontentarsi, almeno per un momento sembra che aver “resuscitato”, almeno fisicamente Madleine, per lui sia abbastanza.
Abbiamo una ulteriore conferma della sua alienazione nel meraviglioso movimento di macchina circolare attorno ai due personaggi mentre si baciano: Ferguson pensa a Maleine, vedere il posto dove la baciò l’ultima volta (in realtà si tratta della penultima volta) significa vivere ancora nel passato ed essere ancora perseguitato da esso.

Ma la verità non tarderà ad affiorare: nella sequenza successiva, la quarantaduesima (“svolgimento C”), Ferguson capisce tutto dal ciondolo. A questo punto però si pone un importante interrogativo: si è mai vista Madleine indossare il ciondolo rosso del quadro?
Il ciondolo, a causa del quale Judy viene smascherata, è veramente quello della bisnonna della vera Madleine oppure è una copia fatta fare da Elster per rendere tutto più credibile e coinvolgente?
La risposta alla prima domanda è no, Madleine non indossa mai il ciondolo del quadro, e questo potrebbe voler significare che quel ciondolo, regalatogli da Elster, è il medesimo del quadro, quello appartenuto alla bisnonna della vera Madleine. Resta da chiarire se vi siano o meno rapporti di parentela tre la vera moglie di Elster e Carlotta Valdes; se si accetta per vera l’ipotesi che il gioiello è lo stesso del quadro la risposta è indubbiamente si. Resta ancora inspiegabile il perché Elster non abbia fatto indossare a Madleine/Judy il ciondolo quando si trova consapevolmente seguita da Ferguson; quest’ultimo sarebbe stato un ulteriore indizio volutamente sottoposto al protagonista per indurlo ad informarsi sulla storia di Carlotta Valdes. Perché Galvin Elster avrebbe dovuto impegnarsi tanto per trovare un mazzo di fiori come quello del quadro, un’acconciatura per Judy identica a quella del dipinto e non sfruttare l’utilità che un indizio come quello, tra l’altro di facile reperibilità dato che il gioiello era in suo possesso, avrebbe senza dubbio portato per compiere il suo piano?
Certo, anche se Madleine lo avesse indossato non sarebbe cambiato nulla ai fini dell’intreccio (sarebbe stata smascherata ugualmente), anzi, esso sarebbe risultato anche più credibile e veritiero se arricchito di questo piccolo dettaglio.

2.8 – Viaggio verso la missione.

Paragonando la sequenza ventidue e la sequenza quarantadue risulta possibile notare molti significanti parallelismi.
Potrebbero addirittura essere considerate come due sequenze uguali ed opposte (la prima si svolge di giorno, la seconda a sera inoltrata) anche se inserite in momenti diversi della narrazione (durante la prima Ferguson cerca di comprendere e di risolvere i problemi di Madleine, nella seconda cerca di risolvere i suoi per liberarsi dal passato).

In questa sequenza lo spazio, entro il quale siamo introdotti con le solite due dissolvenze incrociate, ricorre per due volte, non è quindi possibile, come è stato fatto finora, applicare e verificare per ogni tre sequenze ambientate nello stesso luogo il trittico introduzione – mutamento – svolgimento. Questa può essere consapevolmente considerata come il prolungamento di un finale soltanto accennato nell’ultima sequenza della prima parte, che viene ripreso per portare a termine la ricerca di Ferguson, una sorta di finale in due parti. La cosa curiosa è che le sequenze che ricorrono per due volte e con questa particolare valenza di “finale in due parti”, solo suggerito nella sua prima parte e pienamente esplicitato nella seconda, sono esattamente tre. Dunque il numero tre ricorre ancora una volta, accomunando le ultime tre sequenze che hanno in comune non solo la caratteristica di porsi alla fine della prima e della seconda parte del film, ma che presentano caratteri quasi perfettamente speculari. Una più approfondita analisi a tal proposito nel capitolo 4 (“L’azione ripetuta”).

2.9 – All’esterno della missione

La sequenza in questione è la quarantaquattresima.
Avevamo già visto questo ambiente aperto nella penultima sequenza della prima parte della pellicola, la ventitreesima.
Rispetto alla prima volta che vediamo la zona antistante in porticato l’azione è molto più lenta, consapevole, guidata da una ragione esasperata ai limiti della follia. Prima di entrare nel grande portone, poco prima di imboccare il porticato, vediamo un leggero bagliore di luce di colore verde proiettato sulla parete bianca che costituisce l’esterno del porticato. E’ l’ultima volta che la vediamo.

2.10 – Nel campanile

Siamo così giunti alla sequenza quarantacinque.
Nella prima sequenza di questo tipo (la ventiquattresima) Ferguson insegue Madleine/Judy, ora invece è lui a spingerla, a costringerla a salire. Ferguson deve capire, deve avere la prova di cosa accadde quel giorno, da buon poliziotto vuole una confessione che Judy/Madleine poco dopo gli fornirà. Come prima il protagonista è terrorizzato dal vuoto ed è possibile individuare il momento esatto nel quale guarisce dalla sua acrofobia: quando sono sulle scale, ormai sono quasi giunti in cima, Ferguson trascina Judy/Madleine ma si ferma un istante per dire: “…e così mi avete incastrato, vero? Ed io ero li pronto come testimone, fatto su misura e… e io l’ho fatto… che imbecille…“.

Quando dice “e io l’ho fatto” sta guardando di sotto, verso quel vuoto che gli ha dato tanti problemi, ma non sembra spaventato, forse perché ben più terrorizzato dalla consapevolezza di aver scoperto la verità, dall’essersi reso complice involontario di un delitto.

2.11 – In cima al campanile

Questa sequenza, l’ultima del film, presenta alcune particolarità.
Una prima osservazione è possibile farla in relazione alla posizione occupata, in senso volumetrico, da Judy/Madleine: è la stessa postazione che era occupata da Elster. L’ambiente illustrato da questa sequenza, la quarantaseiesima, appare due volte: la prima volta nel flashback di Judy, quando espone la realtà dei fatti, la seconda volta adesso, quando tutto è compiuto e resta soltanto il dovere di comprendere, di scoprire dal profondo l’animo dei personaggi.

E’ un po’ come in un processo, prima vengono esposte le prove e poi verrà emesso un verdetto. In questo caso sarà un verdetto di colpevolezza emesso dalla stessa coscienza dell’imputato, infatti Judy, terrorizzata da un ombra non ben delineata (in realtà l’ombra di una suora), fa qualche passo di troppo indietro e cade dal campanile. Uccisa da un’ombra mal interpretata dalla parte irrazionale della coscienza, uccisa da un fantasma: il fantasma della vera moglie di Galvin Elster.

2.12 – Conclusioni

Come si è visto spesso accade che gli ambienti che ricorrono per tre volte portino con sé, nella loro terza apparizione (quella dedicata allo svolgimento del tema in questione), valenze profondamente negative.
L’ultima volta che vediamo la casa di Midge lei e Ferguson litigano. La terza volta che vediamo la casa di Ferguson è per introdurre il suo terribile incubo. La terza e ultima volta che vediamo la galleria d’arte Ferguson è disperato e tormentato da un doloroso ricordo che non riesce a cancellare. L’ultima azione sullo sfondo del ristorante è tragicamente perversa: Ferguson e Judy sono a cena, è il loro primo incontro e Ferguson ricerca in lei il corpo di Madleine, non nutre nessun interesse verso la Judy nata a nel Kansas. L’ultima volta che ricorre l’ambiente floreale il protagonista è tormentato dal desiderio di trasformare Judy in Madleine (infatti subito dopo andranno da “Ransohoffs”, subito davanti alla bancarella di fiori, sull’altro lato della strada).
L’ambiente cimiteriale, dalle connotazioni cupe per sua stessa natura ne assume, se possibile, di ancor più capricciosamente terrificanti nel momento della sua terza apparizione: è durante l’incubo, quando la tomba è vuota e le piante (simbolo della vita) sono scosse da un violento vento, il tutto crudelmente ingoiato dal buio.
Da notare che il film comincia “in alto” (l’inseguimento sui tetti della prima sequenza) e finisce allo stesso modo (Ferguson in piedi sul bordo del campanile che fissa, ancora incredulo, il cadavere di Judy).

CAPITOLO 3 – Il tempo

Il tempo della narrazione sembra subire un’evoluzione: più la trama procede e più esso diventa indefinito, non ben delineato. Con il complicarsi e l’infittirsi degli eventi narrati va disperdendosi anche una precisa collocazione temporale.
Lo spazio resta invece costantemente ben individuato, anche quando il tempo narrativo subisce questa sgradevole evoluzione. Pare proprio che allo smarrimento causato dalla vertigine corrisponda un altro smarrimento, altrettanto fastidioso e sconcertante, quello temporale.
Ho cercato di individuare la collocazione temporale degli eventi narrati, basandomi sugli indizi sparsi tra i dialoghi dei personaggi, e mi sembra di avere individuato quattro periodi, due nella prima parte del film e due nella seconda.

PRIMA PARTE:
Primo periodo:
Sequenza n° 1.
Secondo periodo:
Giorno 1:
Sequenza n° 2;
Giorno 2:
Sequenze n° 3 e 4;
Giorno 3:
Sequenze dalla n° 5 alla n° 12;
Giorno 4:
Sequenze dalla n° 13 alla n° 15;
Giorno 5:
Sequenze dalla n° 16 alla n° 21;
Giorno 6:
Sequenze dalla n° 22 alla n° 24.

SECONDA PARTE:
Terzo periodo:
Parte 1:Sequenza n° 25;
Parte 2:
Sequenza n° 26;
Parte 3:
Sequenza n° 27.
Quarto periodo:
Sequenze dalla n° 28 alla n° 46.

Il primo periodo è composto da una sola sequenza, esso serve solo ed unicamente per spiegare la causa della malattia di Ferguson, il difetto che lo renderà il testimone ideale di un delitto impeccabilmente organizzato.
Il secondo periodo è chiaramente e nettamente delineato: si articola in sei giornate, ognuna caratterizzata da determinati avvenimenti.
Il terzo periodo risulta già più complesso: qui non risulta più possibile parlare di “giornate”, ma di “parti”, entità non delineate ma ancora identificabili con determinate sequenze.
Il quarto ed ultimo periodo è quello più dispersivo e meno identificabile: non si possono individuare costanti temporali chiaramente visibili ed accertabili come nei tre periodi precedenti.

CAPITOLO 4 – L’azione ripetuta

Particolare attenzione va prestata alle ultime tre sequenza della prima parte (sequenze 22 – “viaggio verso la missione [1]” -, 23 – “all’esterno della missione [1]” -, e 24 “nel campanile [1]”) ed alle ultime quattro della seconda parte del film (sequenze 43 – “viaggio verso la missione [2]” -, 44 – “all’esterno della missione [2]”-, 45 – “nel campanile [2]”- e 46 – “in cima al campanile”).
Queste sequenze, come già accennato al capitolo 2, sono le uniche che ricorrono per tre volte a gruppi di due e che presentano alcuni elementi speculari, uguali ed opposti.

4.1 – Viaggio verso la missione

[Sequenza 22 della prima parte e sequenza 43 della seconda parte.]
Le due sequenze in questione hanno molti punti in comune: sono composte da undici inquadrature, cominciano con la medesima inquadratura della stessa strada (nella sequenza 22 è giorno, nella 43 è notte) e terminano con una panoramica sull’auto in movimento.

INQUADRATURE SEQUENZA N°22 (1°parte)
1-Dissolvenza incrociata. Campo lungo di una strada: auto di Madleine guidata da Ferguson (giorno).
2-Diss. incrociata. Primo piano di M./J.+Ferguson.
3-Soggettiva di Ferguson (strada).
4-Primo piano di Madleine/Judy.
5-Soggettiva di Madleine/Judy (alberi dal basso).
6-Primo piano di Madleine/Judy.
7-Primo piano di Ferguson.
8-Primo piano di Madleine/Judy.
9-Primo piano di Ferguson.
10-Primo piano di Madleine/Judy.
11-Diss.inc. Panoramica sull’auto.

INQUADRATURE SEQUENZA N°43 (2°parte)
1-Dissolvenza incrociata. Campo lungo di una strada: auto di Ferguson da lui guidata (notte).
2-Stacco netto. Primo piano di M./J. +Ferguson.
3-Soggettiva di Ferguson (strada).
4-Primo piano di M./J.+Ferguson.
5-Soggettiva di Madleine/Judy (alberi dal basso).
6-Primo piano di M./J.+Ferguson.
7-Primo piano di Ferguson.
8-Primo piano di Madleine/Judy.
9-Primo piano di profilo di Ferguson.
10-Primo piano di Madleine/Judy.
11-Diss.inc. Campo lungo sull’auto.

Come si vede su un totale di undici inquadrature ben nove sono uguali, cambia solo l’auto, che nella seconda sequenza in esame è quella di Ferguson, e il momento della giornata, nella 22 era giorno mentre nella 43 è quasi notte.
La sequenza numero 43 è senza ombra di dubbio molto più carica di tensione e di cupi presagi della sequenza numero 22; questa impressione è resa a partire dall’ambiente dell’abitacolo: l’auto di Ferguson è molto più piccola di quella di Madleine (della vera Madleine, ovviamente) e costringe i due a stare ad una distanza ravvicinata, dando quasi un’impressione di claustrofobia. Quest’ultima appare ancora più accentuata se si pensa che l’immagine è ricca di ombre nere e di tinte scure.
Le differenze tra queste due sequenze riguardano il tipo di ambientazione e di situazione in relazione al lineare svolgersi dell’intreccio.
La prima ha inizio con una dissolvenza che parte dal bianco della porta di Ferguson per sfociare in un campo lungo illuminato dal sole di una strada tra le montagne, percorsa dall’auto di Madleine/Judy guidata da Ferguson; la seconda, invece, parte da un ambiente scuro e dominato da tonalità grigio/verdi per divenire un campo lungo immerso nella notte della medesima strada tra le montagne percorsa dall’auto di Ferguson e da lui stesso guidata: le anticipazioni di un tragico epilogo sono numerose. I primi piani sono praticamente identici, l’unica cosa a cambiare è l’abbigliamento, l’atteggiamento e la situazione. L’ultima inquadratura della prima sequenza in esame è una panoramica da sinistra verso destra, poi ci troviamo direttamente alla missione, l’ultima inquadratura della seconda sequenza è un campo lungo che ritrae tutta la missione, con l’auto di Ferguson che arriva e si ferma: questo sembra voler indicare che questa è la sequenza finale, quella che illustrerà tutto con un’apparente staticità di movimenti. L’azione, infatti, risulta essere assai più rallentata rispetto alla sequenza 22, essa rimane concitata ma procede a rilento in modo che i personaggi abbiano modo di esprimersi, l’uno con tutta la sua rabbiosa consapevolezza e l’altra con i suoi disperati pianti.
Per quanto riguarda i colori si può osservare che nella prima sequenza domina il verde (infatti questa parte particolare rilevanza ha Madleine, che circuisce Ferguson) mentre quello che domina la seconda è il nero dell’ambiente e dello stesso vestito di Madleine (parte in ciu Ferguson da un ruolo di rilievo, “gioca” con Judy per sentirsi dire da lei quello che lui ha già chiaramente compreso). Verde e nero, dunque. Gli stessi colori che hanno introdotto l’ambiguo personaggio di Madleine/Judy nella sequenza numero 4 ora ne sottolineano l’allontanamento costituito dalla morte.

(di Francesco Ippolito)

Curiosità:

https://it.wikipedia.org/wiki/La_donna_che_visse_due_volte
Altri Articoli:

https://www.cinemaniaci.it/category/film/articoli/

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